Cinque cose.
La prima cosa è l’ispirazione.
Ci sono montagne che le vedi e ti rapiscono. Il mount Hood è una di queste. Mi ha rapito un anno prima, dalla strada a valle, comparendo improvvisamente che ti viene quasi da frenare per non sbatterci contro. Mi ha rapito per la sua imponenza di montagna solitaria, come solo i vulcani sanno essere.
La prima cosa è l’ispirazione, la seconda è un’ambizione.
Il mount Hood definisce inequivocabilmente l’orizzonte della città di Portland, Oregon. I locals amano dire che il mt Hood è la seconda montagna più scalata al mondo dopo il monte Fuji. Non so bene con quali criteri lo abbiano stabilito, e mi chiedo anche in che posizione pongano il Resegone, ma ho capito che agli americani questo tipo di classificazioni piacciono molto. Nonostante ciò non è affatto facile reperire buone relazioni delle sue molteplici salite in rete. In particolare è decisamente arduo trovare relazioni sulle salite che non siano la normale o che abbiano qualche difficoltà alpinistica. Prima di iniziare ad affrontare queste prime difficoltà avevo convinto Sara ad evitare la via normale, lato sud, con partenza a fianco di un resort sciistico e un superhotel, magari in coda alla processione che serpeggia lungo la Hogsback. Non fosse mai! La mia ambizione di pseudo-alpinista mi ha spinto verso il più selvaggio lato nord lungo la linea di salita chiamata Cooper spur.
La prima cosa è l’ispirazione, la seconda è un’ambizione. La terza è quello che non ti aspetti.
L’imprevisto è il boccone amaro che ogni frequentatore della montagna, specie se alpinista, sa di dovere ingoiare prima o poi. Quello più comune è quando hai pianificato di farcela e invece non ce la fai. Nel nostro caso si è trattato di una strada chiusa. Così. Semplice. Nel nostro piano c’era di giungere al campground a quota 1750m in macchina, salire altri 300m circa con tenda e materiale per il pernottamento fino allo “stone storm shelter” (un bivacco in pietra posto poco prima dell’inizio della morena) per poi raggiungere gli oltre 3400m della sommità il giorno dopo. Di fatto partenza a quota 1150m, salita fino al campground con tenda ecc, giorno dopo partenza ore 2:30am ritorno alla macchina ore 4:00pm, per un totale di quasi 2300m di dislivello e 35km di cammino. Speravamo meno.
La prima cosa è l’ispirazione, la seconda è un’ambizione, la terza è quello che non ti aspetti. La quarta è un’esperienza sempre nuova.
C’è sempre qualcosa di nuovo da imparare andando in montagna. Qualcosa da scoprire nonostante le ore passate a studiare mappe e relazioni. C’è quell’adrenalina che sale quando uno parte per un’avventura dall’esito incerto. Tutto questo rende la montagna un’esperienza sempre nuova e forse il motivo per cui non si perde mai la voglia di andarci, a prescindere dall’esperienza che si ha. Per Sara è stata un’esperienza nuova davvero, il battesimo dell’alpinismo. Nonostante non si possa dire che la via sia tecnicamente impegnativa, i pendii da 50 gradi, l’esposizione vertiginosa, la scarsa confidenza con ramponi e piccozza hanno messo a dura prova i suoi nervi. Da parte mia la vera novità è stata affrontare questo tipo di salita senza aver potuto spartire il fardello della responsabilità con un compagno esperto. E questo fatto un filo di ansia lo ha generato. Per fortuna il tutto si è risolto con qualche protesta da parte di Sara, ma niente di più.
La prima cosa è l’ispirazione, la seconda è un’ambizione, la terza è quello che non ti aspetti, la quarta è un’esperienza sempre nuova. L’ultima è obbligatoria.
Abbiamo cercato la cima con una certa ostinazione. Anche quando ci siamo accorti che avremmo sforato i tempi che ci eravamo prefissati. Tutto sommato non c’era molto da rischiare, a parte l’innalzamento della temperatura che avrebbe reso un po’ più instabile la neve e più probabile il distacco di qualche sasso nella zona dei “chimneys”. Naturalmente siamo felici di essere riusciti a raggiungere la vetta, ma ci siamo trovati ancora più felici quando siamo finalmente ritornati alla macchina. E’ proprio vero quello che ci hanno ricordato alcuni ragazzi che abbiamo incrociato tornando a valle, citando Ed Viesturs, un alpinista americano molto popolare: “Getting to the top is optional. Getting down is mandatory”.